Se c’è un professionista della comunicazione a cui chiedere di web reputation in Italia, non può che essere Pier Domenico Garrone . Vi domanderete perché, immagino. Non mi dilungo sulle vicende personal/professionali del nostro ospite, dato che in questi giorni sono state tante le testate che hanno riportato i fatti. Potete leggerli sull’Ansa, ad esempio. Oppure farvi un’idea approfondendo online.

Quelle che avete trovato sono tracce che contribuiscono, nel bene e nel male, a delineare il profilo professionale, personale, umano, di un individuo. La sua reputazione è un rilevante lasciapassare per l’accesso a servizi finanziari, ad esempio. O relazioni professionali. Come potrebbe reagire una banca se leggesse di una vostra inquisizione per bancarotta fraudolenta, di cui nulla magari avete a che fare? Potrebbe negarvi un prestito, importante per la vostra attività. Non parlo di fake news, ma di errori giudiziari. Perché anche il magistrato, a volte, può commettere errori. Così come il responsabile delle risorse umane di una azienda che valuta un candidato per un colloquio e ne ha analizzato in precedenza i profili social. O ancora lo scatto rubato, anche involontariamente, che può compromettere un matrimonio.

Se la credibilità (trust) è il collante delle transazioni online, la reputazione ne è la materia prima. Trascurarla o sminuirne la rilevanza online non sono una strategia vincente. Perché è vero che la società ha la memoria di un pesce rosso e vive di hype giornalieri. Ma la memoria digitale rimane. Nero su bianco. Verba volant. Digital manent.

Il podcast completo è disponibile QUI per l’ascolto

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